La percezione comune è che il debito pubblico sia eccessivo e che lo Stato Italiano sia uno Stato spendaccione. Anche questa è una percezione sbagliata; la spesa dello Stato Italiano è più o meno allineata agli altri stati europei.
I conti dello Stato Italiano presentano quasi sempre un Saldo Primario positivo. Il Saldo Primario è la differenza tra le entrate e le uscite ad esclusione degli interessi passivi. In altre parole se il Saldo Primario è positivo significa che lo Stato incassa di più di quello che spende e gi avanzano dei soldi.
Non siamo uno stato spendaccione
In pratica non siamo uno stato spendaccione, siamo semmai uno stato che spende male i suoi soldi per frodi, interessi dei partiti, interessi personali degli amministratori; gli scandali sono all’ordine del giorno. Questa parsimonia nello spendere non è certa dovuta ad una sana gestione della spesa dello Stato, ma ad un obbligo nel far quadrare i conti dovuto ad una sistematica mancanza di fondi e soprattutto all’enorme cifra da pagare per interessi sul debito pubblico.
Il grafico in figura raffronta il Saldo Primario con il Saldo della Bilancia Commerciale e la somma annua pagata per Interessi sul Debito Pubblico, tutti espressi in miliardi di euro.
Dal grafico si vede chiaramente che l’Italia, dal 1993 al 2019, ha avuto un Saldo Primario quasi sempre positivo (linea verde), ad eccezione del 2009, con una media di circa 30 miliardi l’anno e con dei picchi di oltre 60 miliardi.
Il Saldo della Bilancia Commerciale rappresenta l’andamento del commercio estero ed è la differenza tra il valore dei beni esportati e quelli importati. Il Saldo Commerciale ha un certo impatto anche sul Saldo Primario in quanto contribuisce alla crescita del PIL e alla crescita degli introiti fiscali dovuti alla produzione e vendita di quel PIL. Il Saldo Commerciale ha avuto un andamento negativo dal 2004 al 2012, è poi risalito fino al 2020 ed ha avuto un sensibile crollo nel 2022 per riprendersi poi nel 2023.
Non è quindi vero che siamo uno stato spendaccione. Il problema è che, nonostante i soldi che avanzano dal Saldo Primario e quelli che ci arrivano dalle esportazioni, non si riescono mai a coprire i costi dovuti agli interessi annui sul debito pubblico.
La zona colorata in celestino rappresenta la quantità di denaro che lo stato è costretto a raccogliere ricorrendo a tasse e tagli ai costi e chiaramente anche a nuove richieste di prestito attraverso l’emissione di titoli di stato.
Fortunatamente siamo uno stato esportatore e il saldo commerciale positivo contribuisce in modo significativo al pagamento degli interessi.
Avere un buon Saldo Primario o Avanzo Primario, serve a pagare gli interessi sul debito, non ad azzerare il debito pubblico, che infatti continua a crescere senza sosta. Serve a rassicurare i nostri creditori, non a risolvere una situazione debitoria alla lunga insostenibile.
La situazione sta però diventando preoccupante perché non è più pensabile di aumentare le tasse e tagliare ulteriormente i costi dello stato (che significa tagliare i servizi ai cittadini e il welfare sociale). La voce del saldo commerciale con l’estero, che ha contribuito negli anni passati ad alleviare il pagamento degli interessi, sta diventando sempre più incerta dovuta alla situazione internazionale, che ha già provocato un sensibile aumento del costo dell’energia e anche alle politiche del Green Deal e della Decarbonizzazione imposte dall’Europa, che stanno avendo un impatto negativo sui costi di produzione delle aziende e sulla loro competitività internazionale.
Debito buono e Debito cattivo
Il debito dello stato non è una cosa intrinsecamente negativa, il problema dello Stato Italiano non è tanto il debito, ma gli interessi da pagare sul debito. Se non vi fossero stati interessi (o almeno non così alti) il problema del debito pubblico oggi non esisterebbe. Il debito può essere considerato buono o cattivo in base all’uso che si fa di quel debito.
Debito Buono
Solitamente, si parla di debito buono se il prestito al quale si ricorre fa aumentare la ricchezza del soggetto che s’indebita. Nel caso di un debito dello Stato, un debito buono fa aumentare il PIL del paese. Quando uno Stato si indebita per creare infrastrutture pubbliche, per migliorare l’istruzione dei cittadini, per risanare l’ambiente, per creare un’assistenza sanitaria più efficace si parla di debito pubblico buono. Si tratta di tutte attività che consentono alle aziende coinvolte nei lavori di aumentare il fatturato e fare investimenti. L’aumento del fatturatosi traduce poi in maggiori entrate fiscali per lo Stato, che consentono di pagare più facilmente il suo debito pregresso; si parla infatti di un effetto moltiplicatore fiscale.
C’è anche da considerare che le infrastrutture, ponti, ospedali, strade, rimangono e ne beneficiano le generazioni future.
Ma, attenzione, anche il debito buono è sempre debito, è vero che consente di ripagare più facilmente il debito pregresso, ma il debito e gli interessi continuano a salire; è un cane che si mangia la coda.
E se non avessimo Emissione Monetaria a Debito?
Faccio un esempio di emissione monetaria non a debito – Per avviare un progetto infrastrutturale lo Stato ha bisogno di 100 milioni ( per esempio per costruire ospedali ) ed il Ministero del Tesoro stampa 100 milioni di euro di Biglietti di Stato per pagare imprese costruttrici e macchinari. A progetto ultimato, con la nuova struttura sanitaria avremo migliorato la qualità della vita della comunità, arricchendola di 100 milioni in valore immobiliare e 100 milioni in denaro contante pagati alle aziende coinvolte.
Totale: 200 milioni di ricchezza prodotta attraverso il lavoro. Nessun debito pubblico creato, zero interessi da pagare, nessun prelievo fiscale necessario, nessuna inflazione o deflazione perché si è mantenuto l’equilibrio tra liquidità in circolazione e nuovi beni presenti sul mercato. Si ottiene così un benessere diffuso e facilmente raggiungibile, senza dover chiedere soldi in prestito al Sistema Bancario.
Un uso improprio di tale sistema potrebbe generare inflazione e per evitare ciò rimane valido il ruolo di controllo di una Banca Centrale indipendente, ma controllata dallo Stato, che funga da controllore della emissione monetaria, per mantenere l’equilibrio tra liquidità in circolazione e nuovi beni presenti sul mercato.
Debito Cattivo
Si parla di Debito Cattivo quando la destinazione del debito non genera altro reddito, non si traduce cioè in un aumento del PIL. Tutte le forme di assistenza sociale come bonus, reddito di cittadinanza e altre forme di assistenza rientrano nella categoria dei redditi cattivi in quanto non generano investimenti e nuova ricchezza e di conseguenza non comportano un moltiplicatore fiscale. È debito che si somma al debito pregresso senza portare nessun miglioramento al debito pubblico.
Il Debito Cattivo si traduce in un incremento dei consumi, ma non tale da portare le aziende a fare nuovi investimenti. L’economia non cresce e quindi sarà ancora più difficile ripagare il debito in futuro.
È debito pubblico cattivo quello che si fa nel destinare denaro pubblico a benefit e agevolazioni concessi a chiunque svolga una funzione pubblica o a categorie di cittadini privilegiate, quello destinato ad acquisti di beni e servizi inutili o fatti senza controlli, quello fatto nel distribuire bonus a pioggia al solo scopo di aumentare il consenso elettorale. È così che il Movimento 5 Stelle è riuscito a galleggiare per qualche anno.
Confronto Italia – Giappone
In uno Stato normale che ha la sua Sovranità Monetaria, con una sua Banca Centrale controllata, il debito dello Stato corrisponde al guadagno dei cittadini. Gli interessi che paga lo stato vengono guadagnati dai cittadini che hanno comprato i titoli di stato. È una forma di risparmio e investimento che fanno i cittadini per tutelarsi dall’inflazione. Questo è esattamente quello che avviene in Giappone.
Il Giappone ha una Banca Centrale controllata dallo Stato che funge da prestatore di ultima istanza. Circa il 90% dei titoli di stato sono in possesso dei giapponesi: circa la metà li ha acquistati la Banca Centrale, gli altri sono stati acquistati da banche giapponesi e cittadini giapponesi. Questo è molto importante perché significa che il 90% degli interessi pagati dallo Stato rimangono nel paese e non vengono trasferiti all’estero.
Questo consente al Giappone di avere un indebitamento elevato di circa il 260% del PIL e al tempo stesso di avere una inflazione ed una economia sotto controllo. Il fatto che il Giappone non debba prendere a prestito denaro dall’estero facilita il finanziamento del debito giapponese e lo rende meno vulnerabile alle imposizioni dei mercati finanziari esteri.
In Italia abbiamo invece una situazione fuori controllo che è esattamente all’opposto del Giappone, pur avendo un rapporto debito/PIL del 140%.
L’Italia ha perso completamente la sua Sovranità Monetaria in quanto tutto viene controllato dalla Banca Centrale Europea. La Banca d’Italia, che una volta era controllata dallo Stato, negli anni ’90 è diventata completamente indipendente e controllata dalla finanza privata e oggi si può considerare come una succursale della BCE.
Una volta avevamo banche di Stato che potevano comprare il debito pubblico italiano, anche queste sono state privatizzate negli anni ’90 e oggi sono in buona parte partecipate da capitale straniero. L’unica banca di Stato che è rimasta è il Monte dei Paschi di Siena, ed anche questa è in fase di privatizzazione. Il risultato di tutto ciò è che il debito pubblico italiano è per circa 1/3 in mano straniera, secondo l’ultimo rapporto della Banca d’Italia di luglio 2024 circa il 29% del debito pubblico italiano è posseduto da non residenti in Italia.
Circa il 23% è posseduto dalla Banca d’Italia. Ma attenzione, circa il 22% è posseduto da Istituzioni finanziare, che comprendono Banche e Cassa Depositi e Prestiti (che recentemente è diventata Società per Azioni). Se andate a vedere la composizione azionaria delle principali banche italiane vi accorgerete che sono partecipate anche da investitori istituzionali stranieri e Fondi di Investimento stranieri.
La voce altri residenti in Italia comprende fondi pensioni, assicurazione e famiglie e rappresenta solo il 14%.
Si può quindi affermare che ben oltre il 30% degli interessi pagati dallo Stato vengono trasferiti all’estero; è denaro che lascia l’Italia e impoverisce il paese.
Pareggio di Bilancio
Il pareggio di bilancio è un principio per garantire la stabilità finanziaria di uno Stato secondo la regola che non si può spendere oltre la propria disponibilità finanziaria. Tale principio è stato voluto dall’Unione Europea con il preciso intento di ridurre il ricorso all’indebitamento. Addirittura l’Europa prevede una procedura di infrazione per gli Stati che hanno un disavanzo superiore al 3% del PIL (ora l’Italia è sopra il 7%).
Tutto ciò rientra nella strategia delle banche centrali, che sanno che ci stiamo sempre più avvicinando al limite della sostenibilità del Sistema Monetario (vedere articolo precedente) e cercano in tutti i modi di frenare la crescita dell’indebitamento pubblico. Le Banche Centrali non si preoccupano della qualità di vita dei cittadini, ma solo di frenare l’indebitamento in attesa di una rivoluzione del Sistema Monetario che arriverà con la Moneta Digitale CBDC (Euro Digitale in Europa).
Il pareggio di bilancio non è stato applicato negli USA, dove il debito pubblico, previa approvazione dell’Assemblea, può crescere all’infinito. È come dire che il debito non sarà mai ripagato, d’altra parte uno stato che ha la propria Sovranità Monetaria può sempre emettere nuova moneta per pagare il debito pregresso e quindi non può andare in default.
Cosa di cui non si parla mai è la cancellazione del debito. Come le Banche Centrali possono emettere denaro dal nulla, così potrebbero anche cancellare il debito.
In Italia il pareggio di bilancio è stato addirittura inserito nella Costituzione nel 2012. Secondo questo principio, tutte le amministrazioni pubbliche devono assicurare l’equilibrio tra entrate e spese del bilancio. In altre parole, non dovrebbero spendere più di quanto incassano. La legge richiede anche che il debito pubblico sia sostenibile, rispettando le regole dell’Unione europea in materia economica e finanziaria.
In sintesi l’avanzo di bilancio serve a ridurre il debito pubblico accumulato. L’avanzo può anche essere destinato alla creazione di riserve di emergenza o per affrontare situazioni impreviste.
Numerosi limiti e paletti vengono posti dalla legge all’utilizzo dell’avanzo di bilancio per scopi produttivi. L’amministrazione deve gestire l’avanzo con attenzione, bilanciando gli obiettivi di investimento, riduzione del debito e prudenza finanziaria.
Se lo Stato ha come obiettivo il pareggio di bilancio significa che non ha l’obiettivo di immettere nuova moneta ma solo di pareggiare i conti.
Di conseguenza, la massa monetaria in circolazione non cambia, non aumenta, rimane sempre la stessa. Uno Stato che ha sempre la stessa quantità di soldi non può arricchirsi, anzi tende ad impoverirsi a causa dell’inevitabile inflazione.
Se lo Stato non spende per noi (ad esempio per servizi o stipendi o pensioni o infrastrutture), potremmo essere noi a pagarne le spese. Lo Stato potrebbe far pagare a noi le sue spese, pescando nei nostri risparmi, o facendoci fare delle rinunce anche pesanti. Il pareggio di bilancio è un po’ una follia perché tende a bloccare lo sviluppo del paese. Come al solito chi ha voluto il pareggio è la BCE, che attraverso l’Unione Europea ci ha imposto il pareggio di bilancio e ce l’ha imposto attraverso il ricatto monetario. Fu l’ex ministro Orlando a confessare che fummo ricattati dall’Unione Europea e se ne pentì. Qui troverete la sua confessione.
Abbiamo perso completamente tutte le nostre sovranità, è l’Europa che decide per noi, ci impone come dobbiamo cambiare la Costituzione, quali leggi fare, che vaccini dobbiamo fare, quanto dobbiamo spendere in spese militari, ci obbliga a sanzionare la Russia, ad avere una immigrazione fuori controllo, ad eliminare i combustibili fossili e perfino a misurare il diametro delle vongole. Pensate che tutto ciò sia quello che serve all’Italia, che sia quello che vogliono gli italiani?
Il bello o il tragico è che noi paghiamo pure per farci dire quello che dobbiamo fare. L’Italia paga ogni anno sui 17-18 miliardi come sua quota di partecipazione all’Unione Europea. Unione Europea nata per sviluppare benessere, uguaglianza e pace e che ora ci sta trascinando verso la terza guerra mondiale.
Nel prossimo articolo parleremo dell’Euro Digitale e del cambiamento del Sistema Monetario