Trump – Groenlandia Panama e Gaza

Il fatto che Trump pretenda di avere il Canale di Panama la Groenlandia e Gaza lascia un po’ perplessi e per questo viene fatto passare per un pazzo megalomane. Ma Trump non è certamente pazzo, queste sue pretese territoriali fanno parte della sua idea MAGA Make America Great Again.

A Trump va riconosciuto il merito di combattere una guerra senza tregua contro i neoconservatori, contro il cartello dei banchieri, contro l’élite dei poteri forti, che tanto male hanno fatto a tutto il mondo occidentale, fomentando guerre e imponendo regole assurde e impopolari, con l’intento di ottenere un controllo della popolazione e dei governi, nell’interesse esclusivo di una ristretta cerchia di potenti.

A poche settimane dall’insediamento di Trump è già emerso il caso USAID, organizzazione umanitaria, che finanziava iniziative tutt’altro che umanitarie, utilizzando decine di miliardi di dollari dei contribuenti. Altri enti sono ora nel mirino dei controlli di Trump, a partire dal Pentagono. Trump sta scoperchiando il Vaso di Pandora e verrà fuori tutto il marcio che ha inondato istituzioni americane ed anche europee.

Trump ha anche il merito di aver rimesso in linea i Social Media, le società di Internet, ripristinando la libertà di parola e di pensiero che erano state represse e ha finalmente eliminato i “Fact Checkers”, che con il pretesto di combattere la disinformazione inquinavano il libero pensiero e la verità.

Il vicepresidente Vance, ha recentemente criticato platealmente l’Unione Europea per il famigerato Digital Service Act, che non fa altro che imporre una censura per chi dissente con le idee e le politiche imposte dall’Unione Europea. Vance non lo ha detto, ma è implicito dedurre che censurare il libero pensiero sia tipico dei regimi dittatoriali.

Per tutto ciò dobbiamo ringraziare Trump, perché la sua guerra contro il Deep State mette in discussione tutte le politiche portate avanti dall’Unione Europea e contribuirà in qualche modo a risvegliare le coscienze e il torpore in cui è caduta la popolazione europea.

Per quanto riguarda il MAGA, l’obiettivo di Trump è di migliorare l’economia USA e le condizioni di vita degli americani e intende farlo attraverso i dazi doganali. Ha dichiarato espressamente che vuole ridurre le tasse sui redditi e aumentare le entrate doganali.

Con il ricatto dell’aumento delle tariffe doganali vuole spingere altri paesi ad acquistare gas liquido dagli Stati Uniti e ad investire in unità produttive negli Stati Uniti

Mentre i neoconservatori facevano leva su guerre e ingerenze dirette e indirette nella politica interna di altri paesi, Trump fa leva sui commerci internazionali tramite le tariffe doganali.
È un po’ un ritorno al passato, quando ogni paese proteggeva i propri commerci internazionali attraverso tariffe doganali e svalutazioni della valuta nazionale; ma è un passato in cui l’Italia era diventata la quarta potenza industriale al mondo.

La pretesa di Trump di avere il controllo del Canale di Panama, della Groenlandia e di Gaza fanno parte di questa strategia sui commerci internazionali, perché questi tre punti geografici strategici rappresentano dei punti obbligati di passaggio del traffico navale e quindi dei trasporti mercantili. Gaza sembrerebbe non entrarci per niente in questo discorso, ma vedrete che invece c’entra.

Valenza Geopolitica

Avere il controllo di questi tre caposaldi geografici significa avere il controllo di tutti i traffici marittimi e quindi decidere chi può passare e chi non può passare e soprattutto permette di stabilire tariffe di passaggio differenziate per paese. Queste tariffe vanno ad incidere sul costo del trasporto marittimo ed in un certo senso raggiungono lo stesso scopo dei dazi doganali.

Il controllo di passaggi marittimi come il Canale di Suez e il Canale di Panama ha anche una valenza militare perché dà la possibilità a chi controlla il canale di vietare o consentire il passaggio di navi militari.

Su questo aspetto geopolitico gli Stati Uniti erano un po’ indietro, lo avevano trascurato, mentre Cina e Russia avevano già investito da anni su questo fronte.

Cina – Via della Seta Marittima

Nel 2013 la Cina ha lanciato l’iniziativa “Belt and Road Initiative”, che è il rilancio della storica Via della Seta per favorire il traffico delle merci cinesi. L’iniziativa prevedeva lo sviluppo di infrastrutture ferroviarie, portuali, digitali, trasporto energia e accordi commerciali con investimenti in più di 150 paesi.

Oltre alla storica Via della Seta terrestre, il progetto prevede una Via della Seta anche via mare, che ha comportato lo sviluppo di importanti infrastrutture portuali in vari paesi asiatici e anche in Africa, con i porti di Mombasa, Dar es Salam e Gibuti.

A Gibuti, sul Corno d’Africa, oltre al porto si è insediata una base militare cinese, con un investimento di 590 milioni di dollari, a presidio del traffico marittimo cinese che attraversa il Canale di Suez.

Il mancato accordo con l’Italia

Nel 2019, durante la visita del Presidente cinese Xi Jinping a Roma, l’Italia aveva aderito alla “Belt and Road Initiative”. L’accordo avrebbe coinvolto diverse aree di cooperazione, tra cui infrastrutture portuali a Trieste, Genova e Venezia, che sono stati considerati punti strategici per il commercio marittimo tra i due paesi. L’Italia sarebbe diventata lo snodo degli scambi commerciali marittimi tra Europa e Cina.

Nel 2023, sotto il governo Meloni, l’Italia ha deciso di non rinnovare il memorandum d’intesa con la Cina. È facile immaginare che l’Italia, come al solito, abbia subito pressioni dagli Stati Uniti e si sia allineata alla strategia geopolitica USA, pur mantenendo tuttavia buoni rapporti commerciali con la Cina.

Ma un conto è mantenere buoni rapporti commerciali e tutt’altro è rinunciare ad essere il punto di snodo dei commerci marittimi tra Cina ed Europa.

Se l’Italia avesse continuato a collaborare con la Cina sulla “Belt and Road Initiative” avrebbe beneficiato di investimenti cinesi per modernizzare e ampliare le infrastrutture portuali, stradali e ferroviarie, diventando un hub logistico cruciale per il Mediterraneo e per l’Europa. L’Italia avrebbe inoltre migliorato le proprie condizioni economiche con posti di lavoro, incremento delle esportazioni verso la Cina, incremento dei turisti cinesi. L’Italia avrebbe anche migliorato il suo peso geopolitico proponendosi come partner chiave con i paesi asiatici.

Canale del Nicaragua

Si parla di un possibile canale attraverso il Nicaragua fin dai tempi coloniali. Nel 2012 l’idea ha cominciato a concretizzarsi e il governo nicaraguense ha trovato un partner finanziatore nell’imprenditore cinese Wang Jing con la creazione di una apposita società, la “Hong Kong Nicaragua Canal Development Investment Group (HKND)”.

Il progetto si è però arenato per difficoltà finanziarie dell’imprenditore cinese. Ma il governo nicaraguense ha continuato a portare avanti il proposito di volerlo realizzare, pur avendo contro i movimenti ambientalisti. Si sono ipotizzati vari tracciati e al momento ancora non è stata presa una decisione finale.

Canale del Nicaragua – Possibili tracciati

Nel 2024 il progetto ha ripreso vigore con il presidente Daniel Ortega, che a novembre ha presentato i possibili tracciati del canale ad un incontro con gli investitori cinesi. Anche gli imprenditori russi sono stati indicati come possibili partner nella creazione dell’opera. Alla Russia è stato chiesto uno studio di fattibilità sulla realizzazione del progetto.

Viste le pressioni di Trump nel volersi riappropriare del controllo del Canale di Panama non è escluso che aumenti l’interesse di Cina e Russia nel voler partecipare alla realizzazione del Canale del Nicaragua.

La Cina è già molto presente in Nicaragua nella costruzione e espansione di infrastrutture portuali nel porto di Corinto sul Pacifico e nel porto di Bluefield sull’oceano Atlantico, in vista di possibili futuri sviluppi commerciali e logistici. In Nicaragua, oltre ai porti, la Cina è coinvolta anche nella costruzione di strade e stazioni ferroviarie.

Canale di Panama

La costruzione del Canale di Panama, a cui parteciparono gli Stati Uniti, terminò nel 1914 e gli Stati Uniti lo presero in affitto fino alla fine del 1999, quando è tornato sotto il controllo dello Stato di Panama.

Il canale permette di evitare la circumnavigazione dell’America del Sud, evitando la lunga e pericolosa rotta intorno al Capo Horn.

Il Canale di Panama è una via di navigazione cruciale che collega l’Oceano Atlantico con l’Oceano Pacifico, ed è un passaggio obbligato per tutti i commerci marittimi dei paesi dell’America del Sud, che utilizzano il canale per facilitare il commercio internazionale, riducendo i tempi di trasporto e i costi operativi. Anche le navi statunitensi traggono grandi benefici dal canale per il commercio verso il Sud America e l’Asia.

Negli ultimi anni la Cina è diventata uno dei principali utilizzatori del canale, con una crescente presenza economica nella zona e con una quota significativa del traffico navale che passa attraverso il canale. La Cina ha investito notevolmente nella zona del canale in opere infrastrutturali e ha stretto accordi di cooperazione economica con Panama diventando un partner commerciale chiave.

In linea con il programma cinese “Belt and Road Initiative“, la società di Hong Kong, CK Hutchison Holdings gestisce i porti di Balboa e Cristobal, situati rispettivamente sul lato Pacifico e Atlantico del Canale. Questi porti sono cruciali per il transito navale, tuttavia la Cina non controlla l’operatività del Canale.

Gli Stati Uniti e altri osservatori hanno espresso preoccupazioni per la crescente influenza cinese, temendo che possa dare alla Cina un controllo o un’influenza strategica sui punti di accesso al Canale. Tuttavia, non ci sono prove concrete che la Cina abbia il controllo operativo del Canale, che è sotto il controllo del governo panamense; piuttosto, c’è una forte presenza economica e infrastrutturale.

Recentemente Trump ha rivendicato di voler di nuovo avere il controllo del Canale criticando le tariffe applicate e suggerendo che Panama dovrebbe ridurle per le navi americane. Panama ha ribattuto , sostenendo che le tariffe sono stabilite in modo equo e secondo gli accordi internazionali.

In sintesi, la Cina pur non gestendo direttamente il Canale di Panama, ha una presenza significativa attraverso investimenti in infrastrutture, operazioni portuali e relazioni diplomatiche. Questo ha suscitato preoccupazioni geopolitiche, particolarmente negli Stati Uniti, riguardo alla sicurezza e all’influenza cinese in tutta l’America Latina.

Groenlandia

Fino al 2018 si pensava che la via artica, grazie al cambiamento climatico potesse essere navigabile, al massimo, tre o quattro mesi all’anno. Ora l’aumento del riscaldamento globale permette alla Russia, che ha la più potente flotta di navi rompighiaccio al mondo, di puntare a tenere quella via sempre aperta.

Stanno aumentando il numero di giorni di navigabilità, specialmente per navi di classe polare appositamente attrezzate, nel passaggio a nord-est, nella Nothern Sea Route, che è il percorso più navigabile. Sono teoricamente possibili tre vie di navigazione tra i ghiacci, ma la più promettente e interessante e la Nothern Sea Route, la rotta che costeggia la Russia. La Russia è perciò il principale beneficiario della rotta artica, poiché la Northern Sea Route si trova interamente all’interno della zona economica esclusiva russa. La Russia ha investito notevolmente nelle infrastrutture e nella flotta rompighiaccio proprio per sfruttare questa rotta.

La rotta Artica permette quasi di dimezzare i tempi di percorrenza tra Asia ed Europa e aprire così nuove vie commerciali. Le aspettative sono che la Northern Sea Route diventi una rotta navigabile utilizzabile tutto l’anno grazie allo sviluppo di flotte di rompighiaccio e al riscaldamento globale.

Possibili rotte artiche

Dal grande scalo cinese di Shenzhen ad Amburgo, per un portacontainer occorrono circa 34 giorni, passando per il canale di Suez. Passando invece per la Rotta Artica i giorni di navigazione si ridurrebbero a circa 23 con notevoli risparmi di tempo e carburante e quindi a costi notevolmente inferiori.

Nella sua visione unilaterale, la Russia rivendica la territorialità di quelle acque e pretende di assumerne il controllo sui traffici marittimi. Proprio per questo motivo la Cina, nel 2024, ha siglato un accordo di collaborazione con la Russia relativamente alla Rotta Artica.

La Cina, oltre alla Russia, è sicuramente uno dei maggiori beneficiari del passaggio marittimo artico.  Ma il passaggio artico avvantaggerebbe anche il traffico commerciale per i paesi europei specialmente del Nord Europa come Norvegia, Svezia, Danimarca. Anche gli Stati Uniti trarrebbero vantaggio dal passaggio artico per il commercio verso la Cina ed i paesi asiatici.

La richiesta di Trump di avere la Groenlandia ha varie motivazioni e credo che la principale sia di riguadagnare il terreno già perso da un punto di vista geopolitico nei confronti della Cina, che è già molto avanti con il suo programma “Belt and Road Initiative”, e che è di fatto il suo principale avversario. Trump ha almeno tre motivazioni per chiedere la Groenlandia.

Interesse strategico geopolitico

Rafforzare la presenza degli Stati Uniti in Groenlandia è visto come un modo per contenere l’influenza di potenze rivali come Cina e Russia. La Groenlandia occupa una posizione chiave nell’Artico, è una regione di crescente importanza geopolitica. L’Artico è una regione sempre più contesa a causa dello scioglimento dei ghiacci, che apre nuove rotte commerciali e gli Stati Uniti vogliono esserci e monitorare e contrastare da vicino le mosse di Russia e Cina.

D’altra parte gli Stati Uniti hanno sempre avuto una visione espansionistica, basti ricordare l’acquisto dell’Alaska, ceduta dalla Russia, l’Acquisto della Louisiana, ceduta dalla Francia, l’acquisto della Florida, ceduta dalla Spagna, parte dell’Arizona, ceduta dal Messico, le Isole Vergini Americane, cedute dalla Danimarca.

Interesse Commerciale

La Groenlandia è ricca di risorse naturali di enorme importanza, tra cui terre rare (essenziali per tecnologie avanzate come batterie e microchip), uranio, petrolio, gas naturale e altri minerali preziosi come oro e zinco. Con il cambiamento climatico, che accelera il ritiro dei ghiacciai, queste risorse diventano più accessibili, aumentando l’appetibilità dell’isola per gli Stati Uniti, che vogliono evitare che cadano sotto l’influenza di altri Paesi.

Interesse militare.

Inoltre, c’è un aspetto militare. La Groenlandia ospita già una base militare statunitense, la Pituffik Space Base, cruciale per la sorveglianza spaziale e la difesa missilistica. Un controllo diretto dell’isola rafforzerebbe la presenza americana nell’Artico, garantendo un presidio più solido contro potenziali minacce, sia missilistiche, sia come navi o sottomarini russi e cinesi che potrebbero attraversare il corridoio tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito.

Gaza – Canale Ben Gurion

Per quanto riguarda il Canale di Panama e la Groenlandia è facilmente intuibile perché Trump intenda appropriarsene, lo è un po’ meno per Gaza.

Probabilmente non avete mai sentito parlare del Canale Ben Gurion; si tratta di un possibile canale di navigazione da realizzare nel territorio israeliano, in parallelo al Canale di Suez. L’idea del canale nacque negli Stati Uniti nel 1956 quando l’Egitto nazionalizzò il Canale di Suez.

L’idea fu poi accantonata, ma negli ultimi tempi è tornata a galla come teoria complottista, che giustificherebbe tutto quello che sta succedendo nella striscia di Gaza. 

Il tracciato del canale ancora non è stato ben definito, ma sostanzialmente dovrebbe collegare il mar Rosso al mar Mediterraneo, partendo dal golfo di Aqaba e sfociando a nord di Gaza o proprio a Gaza.

GAZA – Possibile tracciato del Canale Ben Gurion

Il progetto del canale è tornato alla ribalta recentemente, soprattutto a causa dei conflitti nella regione e delle tensioni tra Israele e Hamas. La costruzione del Canale giustificherebbe alcune delle teorie complottiste come ad esempio che l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 sia stato di proposito favorito da Netanyahu per potere poi avere il pretesto per potere sferrare un attacco mortale ad Hamas e riprendersi la striscia di Gaza. La distruzione totale dei fabbricati avrebbe proprio l’obiettivo di rendere il territorio inabitabile.

Secondo alcune fonti, un altro obiettivo per Israele è di appropriarsi anche del giacimento di gas “Gaza Marine”, che è un giacimento di gas naturale situato al largo della costa della Striscia di Gaza. Israele non vuole che cada nelle mani dei palestinesi. Dal 2007 Israele ha imposto un blocco navale per impedire l’accesso al giacimento.

La proposta di Trump di rendere Gaza una località turistica è un po’ folkloristica, ma se si riuscisse a stabilire una pacificazione con i palestinesi, magari creando uno stato della Palestina in Cisgiordania, la realizzazione del Canale Ben Gurion ne sarebbe avvantaggiata sia in termini tracciato, che di costi e di tempi di realizzazione.

La realizzazione del Canale danneggerebbe l’Egitto che dal Canale di Suez incassa circa 9 miliardi di dollari l’anno. Il canale di Suez è a senso unico in quanto la sua larghezza permette il passaggio di una sola nave, mentre il Canale Ben Gurion sarebbe a doppio senso di circolazione e i due canali entrerebbero in una accesa concorrenza.

Alcuni analisti ritengono che la costruzione del canale potrebbe avere implicazioni geopolitiche molto importanti, dando a Israele e agli Stati Uniti un maggiore controllo marittimo nella regione.

Il Canale Ben Gurion sarebbe perfettamente in linea con il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), che è un progetto infrastrutturale ambizioso che mira a migliorare lo sviluppo economico e la connettività tra Asia, Golfo Persico ed Europa. L’IMEC è stato annunciato il 9 settembre 2023 durante il vertice G20 a Nuova Delhi e coinvolge India, Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Unione Europea, Francia, Germania e Italia. Questo progetto include sia reti ferroviarie che marittime, con l’obiettivo di migliorare i collegamenti commerciali e di comunicazione tra le regioni coinvolte.

L’IMEC è visto come una risposta all’iniziativa Belt and Road Initiative della Cina e mira a diversificare le rotte commerciali, riducendo la dipendenza dal Canale di Suez. Tuttavia, il progetto ha incontrato alcune difficoltà a causa delle tensioni geopolitiche nella regione, tra cui ovviamente il conflitto tra Israele e Hamas.

Egemomia Usa

Con Trump o senza Trump, comunque gli Stati Uniti tendono sempre ad imporre la loro egemonia sul mondo. I neoconservatori lo hanno fatto soprattutto con le guerre, mentre Trump sembrerebbe intenzionato a farlo con i dazi doganali e il controllo dei mari, anche se per la verità alcune sue dichiarazioni sono ancora bellicose.

Da questo punto di vista il nemico principale degli USA è proprio la Cina che sta pian piano imponendo la sua egemonia in tutto il mondo. Solo che la Cina non occupa posizioni con le guerre, ma investendo in altri paesi e collaborando con loro.

Tra l’altro con le sanzioni alla Russia e la guerra in Ucraina, gli USA hanno fatto il grosso errore di far crescere i paesi BRICS, che sono capeggiati proprio da Cina e Russia. I paesi BRICS, che in origine erano solo 4 ora sono diventati 10 e ci sono ben altri 25 paesi che hanno espresso l’interesse ad aderire ai BRICS.

I BRICS intendono creare un blocco compatto contro l’egemonia USA e stanno lavorando per costruire un sistema commerciale e finanziario globale attraverso accordi bilaterali non basati sul dollaro, e con l’idea di una potenziale moneta condivisa.

E l’Europa?

L’Europa naviga in acque burrascose, si trova in una posizione geopolitica complessa, stretta tra la politica dei dazi di Trump e il predominio del dollaro, che continuano a esercitare una forte influenza economica e politica sull’Europa e dall’altro lato, ci sono i paesi BRICS, che stanno emergendo come un blocco alternativo che sfida l’ordine globale dominato dall’Occidente.

La leadership europea, inoltre, critica Trump e le decisioni di Trump, andando imperterrita nella direzione dei progetti tanto cari al World Economic Forum, a quel Deep State, che Trump sta combattendo con molta determinazione.

L’attrazione dei BRICS per alcune nazioni europee, come la Turchia e la Serbia, potrebbe portare ad un cambiamento significativo negli equilibri geopolitici. Molti paesi vedono nei BRICS un’opportunità per ottenere maggiore autonomia e flessibilità economica, riducendo la dipendenza dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.

L’Europa, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è diventato un paese vassallo degli USA e non ha mai cercato di sviluppare un proprio ruolo egemone nella scena mondiale, ruolo che avrebbe potuto ricoprire con efficacia inglobando la Russia.

L’Europa sta andando alla deriva, agganciata all’egemonia USA, da cui sarebbe bene sganciarsi. Non è detto che sia meglio legarsi all’egemonia cinese, ma l’Italia, come molti paesi BRICS dovrebbe analizzare quale è la strada in prospettiva più conveniente e vincente per i propri interessi nazionali. Andare a rimorchio dell’Unione Europea, che è in una forte crisi di identità e anche di popolarità, potrebbe essere una strategia perdente e fallimentare.

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