Nell’articolo precedente abbiamo visto come il progetto Europeo nasce per volontà degli Stati Uniti, che dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano il timore di una espansione del comunismo verso i paesi europei.
C’è stata quindi una prima fase in cui gli americani, preoccupati dall’avanzata della ideologia comunista, hanno sponsorizzato il progetto della creazione di una Unione Europea. Volevano un’Europa amica, alleata degli gli Stati Uniti e che rifiutasse la nascita di governi comunisti.
Fino alla morte di Aldo Moro, nel 1978, erano infatti vietati governi con la partecipazione del Partito Comunista Italiano. La politica italiana era in pratica obbligata a seguire i diktat che arrivavano dai paesi vincitori della guerra: Stati Uniti e Inghilterra.
L’uccisione di Aldo Moro fu un punto di svolta per la politica italiana e costituì un doppio monito; da una parte si incuteva il terrore per chi disobbediva alle direttive che arrivavano dall’America, e dall’altro si dava una chiara indicazione che la politica di amicizia e collaborazione con il mondo arabo non era gradita.
Il risultato fu un completo allineamento delle forze politiche alle direttive che arrivavano dagli Stati Uniti e dalla costituenda Europa; anche il Partito Comunista Italiano si allineò.
Nello stesso anno della morte di Moro, Giorgio Napolitano fu uno dei primi comunisti ad ottenere il visto per andare negli USA, dove ebbe incontri politici ad alto livello. Dal 1978 il PCI si è trasformato dal partito dei lavoratori in uno dei principali partiti europeisti, appoggiando tutte le scelte che arrivavano dall’Europa.
Va ricordato che Giorgio Napolitano è stato presidente del Movimento Europeo dal 1996 al 2006; diventò amico di Henry Kissinger, tanto che Kissinger lo chiamava “My favourite communist” e nel 2015 gli conferì il premio Kissinger. Non dimentichiamo poi che Napolitano, in qualità di Presidente della Repubblica, ha confabulato con la leadership europea per far cadere il governo Berlusconi nel 2011, per sostituirlo con il governo Monti.
Agli interessi geo-politici americani, si sommavano gli interessi della finanza internazionale che era orientata ad avere una gestione unica dell’Europa attraverso un’unica Banca Centrale.
I potentati finanziari si sono buttati a capofitto nell’operazione “Europa” creando i gruppi segreti come il Bilderberg, la Trilaterale ed altri, che hanno contribuito a influenzare le scelte europee. Dalla costituzione della Federal Reserve Bank, nel 1913, la maggiore preoccupazione dei potentati finanziari è stata di mantenere saldo il controllo di un Sistema Monetario internazionale di cosiddetta moneta-debito, che trasferisce ricchezza dai popoli al mondo bancario. I potentati finanziari hanno praticamente deciso la creazione di una moneta unica europea, che fosse sotto il controllo di una unica banca centrale europea.
1989 – Caduta del Muro di Berlino
Nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica, nel 1991, il pericolo comunista svanì. Molti territori sovietici divennero Repubbliche indipendenti e molte di loro divennero filo-occidentali. Il periodo della “Guerra Fredda” era finito.
Nonostante non ci fosse più il pericolo comunista, l’interesse degli Stati Uniti nel progettare e modellare un’Europa Unita non diminuì. Gli obiettivi principali divennero la presenza militare attraverso la NATO e il controllo del Sistema Monetario e bancario.
La NATO non avrebbe avuto più motivo di esistere, ed invece, nel tempo, ha aumentato la sua espansione circondando con presidi militari la nuova Russia. Italia e Germania, per aver perso la guerra, sono state obbligate a mantenere nel proprio territorio armi nucleari americane.
Anche l’interesse dei potentati finanziari rimaneva intatto e, con l’intento di proteggere il sistema di moneta a debito delle Banche Centrali, caldeggiavano la creazione di un’unica Banca Centrale e una moneta unica europea.
Gli Stati Uniti, attraverso le organizzazioni segrete finanziate dalla famiglia Rockefeller di cui abbiamo parlato, sono riusciti ad esercitare un controllo costante sui leaders europei e anche nazionali, riuscendo nella maggior parte dei casi ad inserire uomini a loro graditi.
Non è un caso che tutti i Segretari Generali della NATO abbiano frequentato il Gruppo Bilderberg, o che la maggior parte dei leader europei abbia frequentato i meeting del Gruppo Bilderberg o della Commissione Trilaterale o siano stati addestrati nella scuola di management del World Economic Forum.
L’allentamento del controllo politico degli Stati Uniti relativamente al pericolo comunista fu colto al volo da Francia e Germania, che hanno visto nel progetto di una Europa unita la possibilità di tutelare meglio gli interessi nazionali.
Anni 90 – L’Italia va a gonfie vele
In quel periodo, per Francia e Germania, tutelare meglio i loro interessi nazionali significava combattere l’economia della emergente Italia, che era diventata la quarta potenza industriale al mondo e dava filo da torcere alle esportazioni francesi e tedesche. I titoli dei giornali di quegli anni ce ne danno una dimostrazione concreta.
L’Italia usava l’arma della svalutazione della lira che consentiva alle nostre aziende di essere molto competitive sui mercati internazionali. Francia e Germania erano in difficoltà e accusavano l’Italia come risulta dai giornali di quel periodo.
Francia e Germania in difficoltà
Mentre l’Italia andava a gonfie vele, l’economia della Francia e della Germania era in sofferenza. Nonostante avessero cercato di mettere un freno all’economia italiana attraverso il mercato dei cambi semi fissi del Serpente Monetario (SME), da cui però l’Italia era uscita, le esportazioni di Francia e Germania risentivano della competitività dei prodotti italiani.
La Francia e la Germania hanno visto nella moneta unica lo strumento per combattere l’arma della svalutazione monetaria, che aveva contribuito a portare l’Italia ad essere la quarta potenza mondiale del mondo. Gli interessi della Francia e della Germania sono stati supportati dai potentati finanziari e si sono concretizzati nelle riunioni dei gruppi Bilderberg e Trilaterale, dove venivano prese le decisioni importanti sugli assetti geo politici ed economici dell’Europa.
Il seguente articolo del 1996 parla di un incontro avvenuto a Napoli in cui Chirac si lamentava con Romano Prodi e voleva convincerlo a far entrare la Lira in un sistema di cambi fissi. Successivamente Prodi incontrò anche Kohl a Bonn. I due incontri determinarono il rientro dell’Italia nello SME e la fissazione del cambio con il Marco a 990 Lire.
Con l’ingresso dell’Italia nell’Eurozona l’Italia ha perso la possibilità di usare l’arma della svalutazione competitiva, perché con l’adozione dell’Euro non aveva più una propria valuta, ma aveva l’Euro che era ed è tuttora controllato dalla BCE.
C’è da chiedersi se Prodi cadde nella trappola o se abbia voluto buttarcisi di proposito. Possibile che un economista non capisse che far entrare l’Italia in un regime di cambi fissi avrebbe danneggiato l’economia italiana, come hanno sostenuto numerosi economisti?
L’asse Germania-Francia
Germania e Francia già erano abituate a complottare contro l’Italia fin dai tempi di Aldo Moro, quando, a partire dal 1974, in occasione dei meeting internazionali partecipavano alle riunioni segrete di un gruppo di quattro nazioni chiamato “Direttorio” a cui partecipavano anche USA e Inghilterra. Si riunivano per decidere come contrastare la politica estera italiana, che dava fastidio soprattutto agli interessi coloniali Inglesi e Francesi.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, l’unificazione della Germania preoccupava soprattutto la Francia, che temeva di essere compressa tra la competitività dell’economia tedesca e quella italiana.
La Francia riuscì a convincere la Germania ad abbandonare il Marco ed entrare nel sistema dei cambi fissi dell’Euro, dando mano libera alla Germania di stabilire le regole dell’Unione Europea e fare in modo di ridimensionare la competitività delle aziende italiane.
Furono imposti dei parametri, decisi sostanzialmente dalla Germania, che dovevano essere rispettati da ogni paese aderente all’Unione Europea. Tali parametri, stabiliti in base agli interessi egoistici della Germania, non avevano nessun fondamento economico, fu imposto:
- Un deficit inferiore al 3% del PIL quando l’Italia era al 6,7%
- Un debito pubblico non oltre il 60% del PIL, quando l’Italia era al 124%
- La riduzione dell’inflazione, quando in Italia era tre volte superiore ai paesi più virtuosi
- Rientro nello SME (sistemi di cambi semi-fissi)
L’Italia faticò molto a rientrare nei parametri imposti dall’Europa. Nel 1996 il governo Prodi varò una manovra da 62.500 miliardi di lire, e istituì la famosa Eurotassa. Dopo questi sacrifici ci fu concesso di entrare in Europa e Prodi ci diceva trionfalmente “Con l’euro lavoreremo un giorno in meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più.”
Tali regole si sommavano alla perdita della Sovranità Monetaria, tanto auspicata dalla finanza internazionale, che voleva una Banca Centrale Europea. Non è un caso che la sede della BCE sia a Francoforte, diciamo che alla Germania è stato lasciato, dalla finanza internazionale, il compito di guidare un po’ i giochi e lo ha fatto per un ventennio insieme alla Francia.
Nel corso di vari anni, a partire dal lontano 1981, è iniziato un piano ben articolato per far perdere completamente la Sovranità Monetaria all’Italia ed imbrigliarla nel regime dei cambi fissi fino a farla entrare nell’Unione Europea con il Trattato di Maastricht.
In un articolo precedente ho elencato tutti i passi dal 1981 al 2014 che hanno portato l’Italia alla completa perdita della Sovranità Monetaria.
- 1981 – Divorzio Tesoro Banca d’Italia (Andreatta Forlani Ciampi)
- 1992 – Completa autonomia della Banca d’Italia (Andreotti – Carli) Lo stesso giorno veniva firmato il Trattato di Maastricht
- 1992 – Privatizzazione delle Banche di Stato di Interesse Nazionale (Legge Amato)
- 1992 – Privatizzazione aziende di Stato (Draghi e Prodi)
- 1999 – Entra in vigore il Trattato di Maastricht
- 2005 – Rinnovo contratto con Banca d’Italia per 20 anni
- 2006 – Lo Stato esce dal controllo della Banca d’Italia (Governo Prodi)
- 2007 – Firma del Trattato di Lisbona per evitare referendum su Costituzione Europea (Prodi)
- 2014 – Vengono rivalutate le quote di partecipazione alla Banca d’Italia che passano a 156.000 euro a 7,5 miliardi.
Tutte queste operazioni hanno danneggiato il paese Italia ed in alcuni casi andando contro articoli della nostra Costituzione. Le operazioni più dannose sono state la perdita della Sovranità Monetaria e la privatizzazione di aziende e banche di stato.
Quello che salta agli occhi, analizzando la retrospettiva storica, è il piano studiato meticolosamente a tavolino fatto da tanti piccoli passi, leggi e provvedimenti, che analizzati singolarmente non destano grandi sospetti. Ma analizzando il quadro complessivo emerge un piano ben studiato per far perdere completamente all’Italia la Sovranità Monetaria e metterla nelle mani dei mercati finanziari.
Le Privatizzazioni
Fece parte di questo piano anche il programma di privatizzazione delle Industrie e delle Banche di Stato che serviva a depotenziare la potenza economica dell’Italia.
Il programma delle privatizzazioni partì con il famoso incontro con i finanzieri internazionali organizzato da Mario Draghi sul panfilo Britannia della Regina Elisabetta ancorato al largo di Civitavecchia a giugno del 1992.
Le privatizzazioni furono realizzate svendendo le aziende di stato per ridurre il debito pubblico e poter quindi rispettare i parametri per l’ingresso nell’Unione Europea. Proprio per questo motivo vennero considerate inevitabili, senza considerare le ricadute sull’occupazione e sulla competitività paese a livello internazionale.
Multinazionali angloamericane, ma anche francesi, arrivarono in Italia per “fare shopping”: andavano in cerca di società, specialmente agroalimentari e di meccanica di precisione. Varie aziende rimasero in mani italiane e gli acquirenti fecero dei veri affari.
Nel 1993 Mario Draghi viene nominato capo del Comitato per le Privatizzazioni e fu coinvolto in tutte le privatizzazioni delle aziende di Stato. Mentre passavano i Governi Andreotti, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema e ancora Amato e Berlusconi, Draghi restava al centro dell’economia e della finanza pubblica, finché il capitolo delle privatizzazioni non fu quasi concluso.
Nel 2002 Draghi divenne Direttore Europeo della Goldman Sachs, che i maligni interpretano come premio per il lavoro fatto in dieci anni di attività dedicati a liquidare il patrimonio delle aziende di Stato.
Anche Romano Prodi divenne consulente della Goldman Sachs dal 1990 al 1993 e ancora Mario Monti divenne consulente Goldman Sachs dal 2005 al 2011.
Il bilancio delle privatizzazioni è stato fallimentare se si tiene conto degli sbandierati obiettivi iniziali. La vendita delle aziende non risanò il debito pubblico, che anzi si triplicò. Il rilancio dell’occupazione fu negativo, con circa un milione di posti di lavoro persi. L’obiettivo di creare “colossi italiani” rimase un puro miraggio, anzi abbiamo assistito ad un processo di rimpicciolimento del tessuto industriale italiano, basato soprattutto sulle piccole-medie imprese.
I responsabili
Tutti i politici italiani degli anni 90 sono stati in qualche modo responsabili sia del progetto europeo che del piano delle privatizzazioni e hanno eseguito gli “ordini” che arrivavano dall’estero; ce lo ha detto chiaramente Romano Prodi.
Nel 2019, in una intervista televisiva, alla domanda di Lucia Annunziata sulle privatizzazioni Prodi rispose in tono imbarazzato: “Le privatizzazioni? Erano obblighi europei…Scusi, a me che ero stato a costruire l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), a risanarla, a metterla a posto, mi è stato dato il compito da Ciampi – che era un compito obbligatorio per tutti i nostri riferimenti europei – di privatizzare…“. Questa è stata una chiara conferma che tutto quello che era stato deciso ci veniva in qualche modo ordinato dall’estero ed i nostri governanti ubbidivano ciecamente.
L’operato di Mario Draghi fu pesantemente criticato da Francesco Cossiga. Alla domanda del giornalista Luca Giurato su cosa pensasse di Draghi come ipotetico Presidente del Consiglio, Cossiga rispose: “Un vile affarista, non si può nominare Presidente del Consiglio dei Ministri chi è stato socio della Goldman Sachs, grande banca d’affari americana e male, molto male, io feci ad appoggiarne, quasi ad imporne la candidatura a Silvio Berlusconi. Male, molto male. È il liquidatore, dopo la famosa crociera sul “Britannia” dell’industria pubblica, la svendita dell’industria pubblica italiana quando era direttore generale del Tesoro e immaginati che cosa farebbe da presidente del Consiglio dei Ministri, svenderebbe quel che rimane, Finmeccanica, Enel, ENI.”
Negli anni 90 si era creata la convinzione che solo entrando in Europa si potevano risolvere i numerosi problemi che affliggevano l’Italia, principalmente la corruzione e la svalutazione. Le spinte verso questa convinzione venivano soprattutto da una certa classe dirigenziale e politica proveniente dalla Banca D’Italia, tra cui Ciampi e Draghi, ma anche da uomini come Prodi, Andreatta e Monti.
Questi signori non potevano non sapere che entrando in un sistema di cambi fissi, senza nessuna misura di controbilanciamento l’Italia ne sarebbe stata danneggiata anche perché illustri economisti, tra cui anche premi Nobel per l’Economia, lo dicevano apertamente.
A posteriori ce lo ha detto anche Giuliano Amato che avevano fatto un errore. Lo dice in questo video.
Quello che purtroppo emerge è che questi signori, nonostante gli errori, oggi evidenziati dalle peggiorate condizioni del paese, siano stati tutti premiati con posizioni di altissimo livello.
Hanno accettato consapevolmente o inconsapevolmente le direttive che arrivavano dell’Europa, come dice Prodi, ma ignoravano le dichiarazioni di dissenso di vari economisti italiani, ma anche di noti economisti internazionali.
Cosa dicevano gli economisti
Riporto quanto pubblicato in un articolo del Sole 24 Ore su cosa dicevano vari premi Nobel relativamente all’Euro e all’Unione Europea.
Paul Krugman – economista di stampo keynesiano e premio Nobel per l’Economia nel 2008
“Adottando l’Euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica.”
Milton Friedman – è considerato il padre del neoliberismo. Fondatore della Scuola di Chicago negli anni ’50. Premio Nobel nel 1997
“La spinta per l’Euro è stata motivata dalla politica, non dall’economia. Lo scopo è stato quello di unire la Germania e la Francia così strettamente da rendere una possibile guerra europea impossibile, e di allestire il palco per i federali Stati Uniti d’Europa. Io credo che l’adozione dell’Euro avrà l’effetto opposto. Esacerberà le tensioni politiche.”
Joseph Stiglitz – economista di stampo keynesiano, premio Nobel per l’Economia nel 2001
“Questa crisi, questo disastro è artificiale e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: l’EURO.”
Amartya Sen – ha vinto il premio Nobel per l’Economia nel 1998
“L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create.”
James Mirrless – premio Nobel per l’Economia nel 1996
“Non mi permetto di suggerire politiche per mutare la situazione attuale e mi sento a disagio nel fare raccomandazioni altisonanti, perché non ho avuto il tempo di valutarne le conseguenze. Però, guardando dal di fuori, dico che non dovreste stare nell’euro, ma uscirne adesso. ……….. . Finché l’Italia resterà nell’euro – ha aggiunto -, non potrà espandere la massa di moneta in circolazione o svalutare: ecco perché si impone la necessità di decidere se rimanere o meno nella moneta unica.”
Christopher Pissarides – ha vinto il premio Nobel per l’Economia nel 2010 – Inizialmente ha sostenuto la moneta unica e l’area valutaria europea. Fino poi, a cambiare idea.
“La situazione attuale non è sostenibile ancora per molto. E’ necessario abolire l’Euro per creare quella fiducia che i Paesi membri una volta avevano l’uno nell’altro.”
Prodi aveva detto :
“CON L’EURO LAVOREREMO UN GIORNO IN MENO E GUADAGNEREMO COME SE LAVORASSIMO UN GIORNO IN PIU’”.
È accaduto esattamente il contrario.
Nel prossimo articolo – Cosa è oggi l’Unione Europea